di Silvestro MONTANARO ·

E’ in corso un miserabile tentativo di travisare il pensiero e l’opera di Thomas Sankara, il giovane straordinario leader del Burkina Faso crudelmente ucciso nel 1987.

Tanta parte della destra più estrema in Europa prova a metterlo nell’Olimpo dei suoi eroi tributandogli onori per il suo nazionalismo e sovranismo.

Sankara con gli eroi dell’estrema destra ha ben poco a che vedere se non le ragioni della sua tragica morte. Gli interessi che muovevano certi personaggi sono gli stessi che lo hanno assassinato, che hanno massacrato l’Africa per tanto tempo. I loro “ideali” erano l’antitesi del suo pensiero.

Thomas Sankara non era un nazionalista, ma un internazionalista, cioè un leader che parlava e agiva a nome di tutte le ultime e gli ultimi della Terra. Non era un sovranista, ma piuttosto reclamava per il suo popolo e per i popoli oppressi del pianeta il sacrosanto diritto all’autodeterminazione.

Differenze non da poco, anzi abissali.

Sankara aveva ben presente che non ci si salva da soli in un mondo dominato dal potere occulto della grande finanza e dagli appetiti imperiali di alcune potenze. L’avvenire, il futuro che invitava ad immaginare e perseguire, non era un mondo di minuscole patrie, ma un mondo che fosse finalmente patria di tutti i viventi retto da politiche che infine parlassero il linguaggio e le priorità della quotidianità di tutte e tutti, al di là di ogni differenza di colore della pelle e credo religioso.

Thomas sognava e pretendeva una felicità possibile per tutti, non per pochi o per chi urlando, o peggio ancora con la forza, rivendica l’arrogante diritto di essere primo tra gli altri. I grandi problemi del pianeta sono uguali ad ogni latitudine e a ogni parallelo invocano risposte comuni e di cooperazione.

La vera identità da difendere, per lui, non era una banale difesa della negritudine, ma il considerarsi tutti- bianchi, neri e ogni altro colore-parte dell’unica famiglia umana. L’identità era ed è offesa dall’ingiustizia che costringe tanta parte dell’umanità alla miseria e all’orrore dello sfruttamento.

Sankara non avrebbe mai detto tutto il potere agli africani. Troppo banale, come gli avevano insegnato le false indipendenze. L’Africa, non cambia, se al potere ci sono degli africani. Non basta questo a rivoluzionare il dominio ferreo cui è soggetta. Le indipendenze apparentemente portarono al potere leadership africane, ma le regole di un brutale colonialismo non cambiarono. Alcuni di quei leader furono eliminati fisicamente dal permanere di quelle regole e degli interessi che le imponevano. Altri furono da esse assoldati e lavorarono al loro servizio, contro l’Africa. Se non cambiano le regole, non cambia niente.

A chi oggi erge nuovi muri e chiude porti e frontiere, Thomas risponderebbe appellandosi a tutti i popoli. Li inviterebbe a battersi insieme, a metter fine, nel comune interesse, alle ragioni che provocano le attuali grandi migrazioni. Basta guerre, basta miseria indotta.

Sì, comune interesse. Perché tutti i popoli hanno un loro sud, ogni popolo è “negro” per un altro popolo. Tutte le genti hanno i loro ultimi e possono divenire le ultime della Terra. Le crisi argentine, la tragedia della Grecia, ce lo hanno insegnato.

Ed è comune interesse che tutti i popoli, insieme, costruiscano finalmente una nuova casa, libera, giusta e felice mettendo fine all’egoismo dei pochi.

L’agognata patria di tutti noi.

Silvestro Montanaro
12 agosto 2018
https://raiawadunia.com/giu-le-mani-da-sankara/

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