La leggenda di Tom Sank

 

 MANUELA PALERMI

m.palermi@larinascita.org

 

Nel cuore dell’Africa, a ridosso della Costa d’Avorio, c’è un piccolo paese di 270mila chilometri quadrati. Si chiama Burkina Faso, si chiamava Alto Volta. Un piccolo paese che, come tutti i paesi africani, ha sofferto per anni ed anni, e tuttora soffre, la dominazione coloniale. Eppure c’è stato un tempo in cui questo paese ha pensato che fosse arrivata l’epoca del cambiamento, perché c’era un uomo che l’avrebbe resa possibile. Quell’uomo si chiamava Thomas Sankara.

Fino a qualche mese fa sapevo poco di lui. Ho letto di leader rivoluzionari africani come Patrice Lumumba, Amilcar Cabral e Samara Machel. So di Nelson Mandela, Steve Biko, Kwame Nkrumah. Ma di Thomas Sankara sapevo poco.

Poi, tra gli scritti di Antonio Lozano, mi sono imbattuta in un romanzo che non conoscevo, “El caso Sankara”. E’ stato così che ho imparato a conoscere la sua vita e la sua morte.

E’ la storia affascinante di un capitano dei paracadutisti, ribelle e ostinato, una storia lontana e insieme vicina che si intreccia inestricabilmente con quella del continente nero. La storia di un  uomo conosciuto come il Che Guevara dell’Africa.

Thomas Sankara nasce nel 1949 a Yako, un’enclave della colonia francese Alto Volta. L’indipendenza del paese arriva nel 1960, quando il futuro presidente è solo un bambino. Da ragazzo è profondamente attratto dalla figura di Gesù Cristo, tanto che in famiglia pensano che si farà prete. E’ una famiglia povera e si rallegra all’idea che Thomas si costruirà nella Chiesa un avvenire.

Marx e l’accademia militare

I fatti vanno diversamente.

Sankara frequenta l’Accademia Militare di Antsirabé, nel Magadascar. E’ un ragazzo idealista, irriverente e sognatore. All’Accademia ha a disposizione una montagna di libri, li legge con voracità, si informa con passione. Vuole sapere tutto del suo paese, della sua storia e delle sue tradizioni.

Alto Volta è poverissimo, alla fame. Sette milioni di abitanti e più di sei milioni sono contadini; la mortalità infantile è al 180 per mille e l’analfabetismo, con una frequenza scolastica che non arriva al 16 per cento, è al 98. E’ una terra senza assistenza sanitaria, c’è un medico per ogni 50mila abitanti, si campa male e poco: difficile superare i 40 anni.

Thomas è innamorato del suo paese e della sua gente, il cuore e la mente si ribellano alle ingiustizie, alle carestie, allo schiavismo. All’Accademia si imbatte in un libro di Marx. Raccontano che non riesce a staccarsi, arriva a sera con gli occhi gonfi. E poi pretende di parlarne e discuterne con tutti fino allo sfinimento. Non passa molto tempo e Sankara diventa un convinto marxista.

Nel 1974 il suo paese è in guerra col Mali. Thomas non condivide quella guerra, la trova ingiusta e inutile, eppure si comporta come un eroe e la gente comincia a conoscerlo e a parlare di lui. Due anni più tardi, nel 1976, fonda assieme ad un gruppo di giovani militari il “Gruppo di Ufficiali Comunisti”. E’ a Rabat, due anni dopo, che conoscerà Blaise Compaoré, l’amico di una vita. I due non si separano mai, leggono e rileggono Marx, discutono instancabilmente. Blaise diventa una presenza quotidiana in casa Sankara, si affeziona ai genitori di Thomas e loro si affezionano a lui come ad un altro figlio. Da allora il destino due uomini rimarrà sempre strettamente intrecciato. Nel bene e nel male.

Negli anni seguenti Sankara, con Blaise sempre al suo fianco, ricopre diversi incarichi nei governi militari di Alto Volta. Nel 1983 diviene primo ministro, ma poche settimane dopo un colpo di stato di destra rovescia il governo e lui viene incarcerato. Il 5 agosto un’insurrezione civile e militare, condotta dall’amico Blaise Compairé, lo libera.

Il processo rivoluzionario

E’ allora che inizia il processo rivoluzionario. Il capitano Tom Sank – come  viene chiamato dal popolo – diventa capo di Stato. E’ l’era più fiorente del paese. Sankara è un idealista ma anche un uomo d’azione, un instancabile lavoratore. Mette in piedi programmi ambiziosi e intensivi: in meno di tre settimane, il 60% dei bambini viene vaccinato contro il morbillo, la meningite e la febbre gialla. Ancora oggi questa rimane per l’Unicef la più straordinaria impresa a favore dei bambini condotta in Africa. In ogni villaggio vengono costruite scuole e ambulatori, piccoli dispensari e magazzini per i raccolti.

Il 4 agosto del 1983, assieme ad altri militari marxisti, si mette alla testa di una rivoluzione democratica e popolare. Alto Volta, indipendente dall’agosto del 1960, subisce il saccheggio e lo sfruttamento delle multinazionali e si trascina dietro un enorme debito estero. Tom è convinto che «un militare senza cultura, senza una coscienza storica, è un potenziale assassino». Obbliga l’esercito a studiare la storia e la cultura della propria terra. Diventato presidente del Consiglio Nazionale della Rivoluzione abolisce il nome Alto Volta, perché coloniale, e lo sostituisce con Burkina Faso, che mette insieme i due idiomi maggioritari del paese: in lingua mooré “burkina” significa integro e in bamanank “faso” vuol dire paese. Burkina Faso significa Paese degli uomini integri.

Ammiratore del Che, di Mandela, di Ghandi, di Martì, di Fidel, Thomas Sankara è uno straordinario visionario internazionalista che solidarizza con la lotta dei palestinesi e dei popoli indios di tutta l’America. Per il Che nero, la vittoria e il consolidamento della rivoluzione burkinabé deve passare dalla solidarietà di tutti i popoli oppressi del mondo e degli intellettuali progressisti. Il modello di rivoluzione burkinabese, sostiene Tom Sank, non è un prodotto da esportare: anche se l’oppressione imperialista è globale, ogni paese oppresso deve pensare la politica globalmente e territorialmente, in sintonia con le proprie caratteristiche storiche e sociali. L’obiettivo è dare fiducia ai paesi oppressi, fiducia in se stessi per raggiungere l’emancipazione nazionale.

Nel poco tempo in cui è presidente del Consiglio Nazionale della Rivoluzione, mette in atto una serie di misure per togliere il paese dalla  miseria. In un paese quasi totalmente agricolo, la terra viene data ai contadini, si costruiscono case, si fanno campagne sanitarie e di alfabetizzazione, la donna è riconosciuta come parte attiva della vita sociale e politica. Tom proibisce la poligamia e promuove l’uso di anticoncezionali per arginare l’estensione dell’Aids. Dà risalto e sviluppo all’artigianato, prende misure per proteggere l’ambiente,  combatte duramente il debito estero e la corruzione, cerca un equilibrio nei rapporti tra nord e sud. Thomas Sankara è tra i primi a considerare il debito estero la nuova forma del colonialismo e dello schiavismo.

Tom è rigoroso fino alla durezza, con un forte senso morale che non ammette debolezze. Un capo, dice, non è tale se la sua vita è privilegiata, se conduce un’esistenza che è al di sopra delle possibilità della gente comune. I suoi mezzi di locomozione sono una scassata bicicletta e un vecchia Renault 5. Ma non si limita a se stesso. Decide di togliere ogni privilegio alla classe dirigente, vende tutte le auto blu ministeriali e le sostituisce con semplici utilitarie da usarsi solo in casi eccezionali.

Tom Sank è instancabile. Conosce ogni angolo del suo paese, ne conosce la povertà, la fatica della povera gente, l’insostenibile disoccupazione, la prostituzione delle donne, la mendicità di massa. Nell’85 taglia le retribuzioni ministeriali del 15%, licenzia gran parte dei membri del gabinetto e li manda a lavorare nelle cooperative agricole. Non c’è atto del governo che non sia da lui controllato; non c’è operato di un singolo ministro che non sia verificato. E’ duro e severo con se stesso e gli altri.  Chiama il popolo all’unità nazionale e si scaglia contro «i funzionari e i militari corrotti, i commercianti disonesti, i reazionari che sono  servi dell’imperialismo e nemici del popolo».  Accusa esplicitamente la Francia per la sua ingerenza nel paese: ci sono basi militari francesi in Burkina Faso e lui chiede che siano smantellate. «La presenza dell’imperialismo è alla porte del Burkina Faso, è nell’eterno legame della Costa d’Avorio con la Francia».

La rottura con la Francia

Ma la Francia e le oligarchie dominanti, strettamente legate agli interessi stranieri, diventano sempre più intolleranti. Quel ragazzo duro, sognatore e ribelle diventa un pericolo. Preoccupano le sue amicizie, la sua frequentazione con “gente pericolosa” come Gheddafi, Fidel Castro, Menghistu e il mozambicano Samora Machel. Temono che il proselitismo del giovane rivoluzionario diventi un rischio non sopportabile per l’influenza politica ed economica di Parigi in Africa.

Gli oppositori politici lo accusano di autoritarismo e di demagogia. Ma il suo fascino è contagioso, soprattutto tra i giovani, che in lui vedono un leader orgoglioso e onesto, non assetato di potere. E il suo popolo è orgoglioso di quel ragazzo ribelle e intelligente dell’Africa francofona, «il presidente più sorprendente del pianeta», che vuole inventare il futuro per i popoli in lotta.

Il contrasto con alcuni paesi occidentali, specie con la Francia e gli Usa, si fa ogni giorno più aspro. Sono in gioco potere ed interessi miliardari. E’ in gioco non solo il Burkina Faso, ma l’intero continente africano, che per la Francia deve restare in posizione di dipendenza economica e di sudditanza politica.

Thom Sank viene assassinato, assieme a dodici suoi compagni, il 15 ottobre del 1987 durante un colpo di stato organizzato da alcuni ufficiali dell’esercito, tutti suoi vecchi amici. L’assassino di Thomas è Blaise Campaoré. Blaise che lo chiamava “fratello”, Blaise che giurava fedeltà al processo rivoluzionario, Blaise si vende alla Francia, alle imprese transnazionali e si autoproclama presidente del Burkina Faso.

 

 

 

«Chiamano provocazioni

le nostre verità e verità

assoluta le loro menzogne.

Chiamano rivolta la

lotta per l’indipendenza e

il benessere dei nostri popoli

e civilizzazione il loro

saccheggio delle nostre

ricchezze. Così scrivono

la storia e così l’umanità

l’apprende. Al mio fianco

voglio il Che, non loro»

Thomas Sankara

 

15 OTTOBRE 1987

L’assassinio

«Blaise Compaoré ha ammazzato Thomas Sankara per prendere il potere». Lo dice Prince Johnson e a Prince Johnson bisogna dar retta. E’ un duro, un ex mercenario della Liberia diventato senatore. E’ un autentico signore della guerra che ha torturato atrocemente e fino alla morte Samuel Doe, il presidente liberiano.

Bisogna dargli retta per tre ragioni. La prima è che quando lo dice ne parla come di cosa scontata. La seconda che lo ripete davanti a tutti, anche ai microfoni di Radio France International, e lo scrive in un’autobiografia dove racconta tutte le sue sporche prodezze. La terza è che non c’è uno, in Burkina Faso, che non gli creda.

Che poi la stampa locale lo dica senza dirlo, che si chieda com’è possibile che Blaise non sia più andato a visitare i genitori di Sankara che sono stati anche i suoi genitori, che ogni tanto qualcuno provi a sostenere la versione ufficiale, e cioè che furono i soldati ad ammazzarlo e che lo fecero di loro iniziativa, che sull’atto di morte di Sankara sia scritto “morte naturale”, tutto questo lascia il tempo che trova.

Prince Johnson lo giura e spergiura con arroganza davanti ai microfoni di Rfi e di Agence France Press: nel 1987 ha partecipato, assieme ad altri mercenari, all’assassinio di Thomas Sankara, perché Blaise Compaoré gliel’ha ordinato: «Dovevamo restare in Burkina Faso per organizzare l’attacco contro Doe. Sankara ce l’avrebbe impedito. E così Compaoré ci ha detto di ammazzarlo».

Nella sua autobiografia, Prince Johnson scrive che quando Sankara seppe del colpo di stato contro la Liberia si mise a urlare come un pazzo, li minacciò: mai e poi mai, ordinò. Ma Blaise s’era solennemente impegnato con la Francia.

Cercò Taylor, amico di Prince Johnson, e gli disse che era arrivata l’ora di far fuori Tom. Se ne occupasse lui.

Da quel giorno Blaise Compaoré è un fedelissimo alleato dell’imperialismo francese, servo impareggiabile del Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale. E’ stato eletto presidente al posto di Tom e lo è ancora oggi, dopo quasi vent’anni.

Il gruppo di mercenari liberiani di Prince Johnson decide dunque di andare a Burkina per organizzare la caduta di Samuel Doe. Prima però è necessario effettuare un’azione preventiva. Per arrivare in Burkina Faso è necessario che Houphouet Boigny, presidente della Costa d’Avorio, gli permetta di passare dal suo paese. La strada è spianata: Houphouet Boigny, infatti, è d’accordo con l’assassinio di Sankara.

Lo scrittore François Xavier Verschave dirige l’associazione “Survie”che si impegna per la democrazia ed il rispetto dei diritti umani in Africa. Ha scritto libri come La Françafrique e Noir silente. una dura denuncia contro la politica neo-colonialista della Francia, «causa primaria  del mancato sviluppo del continente nero». Xavier Verschave è stato uno dei primi a denunciare la rete di interessi tra capi di stato e multinazionali che consideravano fondamentale «l’eliminazione di un uomo come Sankara». Non risparmia nessuno, Xavier Verschave. Dice che c’è un’altra persona, un innominato che, sia pur indirettamente, è responsabile dell’assassinio di Sankara: il suo nome è François Mitterrand, socialista, allora presidente della Repubblica francese.

Non ho letto il romanzo di Lozano, ma lo farò presto. Fatelo anche voi. Tom Sank se lo merita.

Articolo di Manuela Palermi tratto dal settimanale Rinascita n° 14 del 9 aprile
2009 (pag. 16 17)

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