«Sankara era ben cosciente di questo sistema, che oggi chiamiamo globalizzazione, che permette a poche famiglie, trecento o quattrocento, di controllare quasi tutto», afferma Alex Zanotelli, instancabile alfiere dei diritti dell’Africa, ricordando il sacrificio del leader popolare del Burkina Faso, assassinato nel 1987 pochi mesi dopo il celebre discorso alla conferenza di Addis Abeba per la cancellazione del debito del terzo mondo: «Se il Burkina Faso resterà solo in questa richiesta – disse – io l’anno prossimo non sarò qui più a questa conferenza». Lo aveva detto chiaramente: protesta non-violenta, altrimenti «ci elimineranno fisicamente». Così è stato, anche se Sankara non mai tradito la vocazione non-violenta della sua missione politica: liberare l’Africa dalla schiavitù del neo-colonialismo finanziario.
A cinquant’anni dall’indipendenza dell’Alto Volta, ex colonia francese a cui Sankara cambiò nome e volto durante la sua breve ed esaltante esperienza Thomas Sankara 1rivoluzionaria, l’ex capitano dell’esercito burkinabé – sul cui omicidio politico una petizione internazionale chiede ancora che venga fatta piena luce – viene ricordato il 4 agosto 2010 nella capitale, Ouagadougu, con una conferenza per meditare sulla lezione dell’ultimo grande ribelle africano, che decifrò la “nuova schiavù” imposta dal capitalismo internazionale e probabilmente per questo fu assassinato, da manovalanza africana protetta dai servizi segreti di Usa e Francia, potenze a cui Sankara faceva paura: se il “contagio” si fosse propagato, l’intero continente africano avrebbe potuto rialzare la testa, mettendo fine allo sfruttamento basato sul prelievo di materie pregiate a basso costo.
Tesi rilanciata con forza dal comitato internazionale deciso a chiedere che l’Onu non desista dalla ricerca della verità sull’omicidio dell’ingombrante leader africano, protagonista di un’esperienza straordinaria, di libertà e coraggio, sottolineata nell’attualissimo volume “L’Africa di Sankara, le idee non si possono uccidere”, firmato da Carlo Batà nel 2003.
«E’ con lucidità che Sankara affrontava i problemi di allora, che rimangono Alex Zanotelliirrisolti nell’Africa di oggi», scrive Zanotelli nella prefazione. «Ricordiamo Sankara, ricordiamo il suo pensiero perché è di un’attualità bruciante».
Per la prima volta in Europa, dunque, un libro non in lingua francese che racconta la vicenda di Thomas Sankara e della rivoluzione burkinabè. Una biografia dettagliata, con frequenti citazioni dei suoi interventi pubblici, focalizzati sulle problematiche di oggi viste dall’Africa degli anni Ottanta: multinazionali, guerre, calamità naturali, Fondo Monetario e Banca Mondiale. Nell’allora Alto Volta, Africa subsahariana, il 4 agosto 1983 inizia la rivoluzione capeggiata da Sankara, che si propone di porre fine alle disuguaglianze che segnano il paese, anche dopo l’indipendenza del 1960.
Si costruiscono ospedali, scuole, pozzi per la raccolta d’acqua, si vaccinano adulti e bambini, si cerca di garantire alla donna una reale emancipazione e pari diritti. Il paese abbandona il vecchio nome coloniale e diventa Burkina Faso, “il paese degli uomini integri”. Sankara applica a se stesso quello che dice, vivendo come il popolo, senza agi né lussi: mentre i suoi omologhi africani si trincerano in ville, Sankara abitava in una casa di due stanze, si spostava per il paese in utilitaria, percepiva uno stipendio da semplice funzionario statale.
In un mondo sbilanciato tra nord ricco e sud povero, continua il quotidiano comunista, Sankara si oppose all’egoismo delle multinazionali, del Fondo Monetario e della Banca Mondiale, alle guerre e al saccheggio delle risorse naturali del continente africano. Fu il primo a proporre di non pagare il debito estero, a indicare nel disarmo l’unica via per la pace, a esigere la liberazione di Nelson Mandela e l’abolizione dell’apartheid, a chiedere la fine della tutela neocoloniale francese. «Noi stiamo combattendo il sistema che Thomas Sankara 2consente a un pugno di uomini sulla terra di dirigere tutta l’umanità», dichiarava Sankara, che cercò di risollevare il proprio paese da una situazione desolante: mortalità infantile del 187 per mille, analfabetismo al 98%, vita media di poco più di 40 anni, un medico ogni 50.000 abitanti.
Dopo quattro anni indimenticabili, il 15 ottobre 1987, Sankara venne ucciso: «A ordire la congiura – accusa il comitato internazionale che chiede giustizia (almeno postuma) per Sankara – furono gli organismi finanziari internazionali, la Francia, il Sudafrica, le élite africane», mentre ad armare la mano degli assassini «fu Blaise Compaoré, attuale presidente del paese». Movente dell’omicidio: «Andava interrotto il sogno di un popolo e di un uomo che avevano cercato di “osare inventare l’avvenire”, di porre fine al ricatto e all’ipocrisia dell’Occidente, “voltando le spalle a tutti i modelli che ciarlatani di tutti i tipi hanno cercato di venderci per anni”».
(Il libro: Carlo Batà, “L’Africa di Sankara. Le idee non si possono uccidere”, edizioni Achab, 160 pagine, 12 euro – prefazione di Alex Zanotelli, introduzione di Maniella Correggia. Info: www.thomassankara.net).
Scritto il 04/8/10
Fonte : http://www.libreidee.org/2010/08/sankara-le-idee-non-si-possono-uccidere/