Non lasciarsi trascinare in lotte inutili

Discorso di Thomas Sankara del 3 gennaio 1986

Traduzione di Patrizia Donadello

Compagne e compagni militanti della Rivoluzione democratica e popolare:

Era il 25 dicembre 1985; l’anno stava finendo quando le nostre popolazioni sono state bombardate. Sono state bombardate dagli aerei, sono state ferite, uccise dai carri armati dei militari venuti dall’altro lato. Allora abbiamo risposto. Davanti alla superiorità materiale, all’abbondanza di mezzi, abbiamo opposto la determinazione politica e rivoluzionaria, abbiamo liberato il genio creatore. I nostri strateghi hanno scritto pagine fondamentali della storia militare africana.
Così abbiamo protetto il nostro popolo. L’abbiamo protetto perché siamo stati aggrediti, perché gli dobbiamo giorno e notte, la libertà e la quiete. L’abbiamo protetto, obbedendo in questa maniera ad un dovere rivoluzionario.
La guerra non è nient’altro che la continuazione della politica. La loro politica ha continuato e si è trasformata in guerra. La nostra politica ha continuato e si è trasformata in difesa popolare generalizzata. Così due politiche si sono affrontate, una politica ha trionfato.

Cari compagni, vorrei che in questa giornata del 3 gennaio 1986, pensassimo a tutti coloro che sono caduti sui campi di battaglia Maliani e Burkinabé, a tutti i feriti, a tutte le famiglie sconsolate, a questi due popoli ed agli altri popoli dell’Africa e d’altrove che sono stati segnati da questi scontri dolorosi.
Vorrei che ciascuno di noi facesse lo sforzo di dominare il sentimento di odio, di rifiuto e di ostilità verso il popolo del Mali.
Vorrei che ciascuno di noi vincesse la vittoria più importante: uccidere in sé stesso i germi dell’ostilità, dell’inimicizia nei confronti di chicchessia.
Abbiamo una vittoria importante da vincere: seminare nei nostri cuori i germi dell’amicizia vera, quella che resiste anche agli assalti omicidi dei cannoni, degli aerei e dei carri armati.
Questa amicizia non si costruisce che sulla base rivoluzionaria dell’amore sincero verso gli altri popoli.
E di questo, vi so capaci, siete capaci di amare il popolo del Mali e di dimostrarlo.
Lo dimostreremo.
I fratelli del Mali, ci hanno detto nel loro discorso, che erano favorevoli ai negoziati; innanzitutto rispondiamo di sì, ma in più aggiungiamo l’atto alla parola.
E’ per questo motivo compagni che vorrei dirvi, che per quanto ci riguarda, tra il popolo del Mali e quello Burkinabé non c’è mai stato che amicizia e amore.

Compagni! siete sì o no per l’amicizia tra i nostri due popoli? [Grida di sì]

Allora, le masse popolari depositarie del potere in Burkina Faso si sono espresse, ed è in loro nome che io dico davanti al mondo intero che in Burkina Faso non ci sono più prigionieri Maliani. I militari Maliani che sono qui non sono più prigionieri. Sono nostri fratelli. Possono ritornare a Bamako, quando e come vogliono, in tutta libertà.
Noi non ci siamo battuti per fare dei prigionieri, ma per respingere il nemico. L’abbiamo respinto e qualsiasi Maliano in Burkina Faso è un fratello. Così dunque, i Maliani che sono nella loro terra sono nostri fratelli.
A partire da oggi saranno prese disposizioni perché vivano in piena libertà ed assaporino la gioia della libertà in Burkina Faso, ad Ouagadougou in particolare.
Che i loro familiari in Mali sappiano che possono venire a cercarli, come possono aspettarli all’aeroporto di Bamako.

Compagni, evitiamo di farci distrarre, trascinare in lotte che non sono lotte del popolo; evitiamo di farci trascinare nelle preoccupazioni che non sono quelle del popolo, nella corsa folle allo scontro ed alla militarizzazione.
Sappiamo che in certe menti sarà grande la tentazione di accrescere, costi quel che costi, gli arsenali militari, giustificando così azioni belliciste e trovando spesso anche per quello facili e comodi pretesti per taglieggiare le masse popolari; non sarà così in Burkina Faso.
I media occidentali, la stampa imperialista ha spesso affermato che il Burkina Faso era un paese militarizzato. Avete letto spesso nei giornali che il nostro paese ha ricevuto tonnellate e tonnellate di attrezzatura militare.
Per fortuna, questa stessa stampa si è condannata, si è smentita ed ha riconosciuto che il Burkina Faso era sottoequipaggiato militarmente. Non siamo noi che l’abbiamo detto, loro stessi l’hanno scritto. È vero, siamo sottoequipaggiati: tutte le voci che avevano diffuso sul nostro conto erano dunque solamente denigrazioni. Oggi sono di fronte alle loro denigrazioni, davanti alle loro menzogne.

Ora sappiamo quali sono i paesi militarizzati, quali sono i paesi che dispongono di attrezzature militari. Ora sappiamo quali sono i paesi che impongono sacrifici al loro popolo per uno sviluppo sociale, politico ed economico al posto di una militarizzazione ad oltranza.
Gli avvenimenti dei 6 giorni hanno permesso al Burkina Faso di lavare l’onta, di ristabilire la verità. Hanno permesso al mondo intero di conoscerci sotto il nostro vero aspetto, e solo quelli che detestano la rivoluzione, e sono tanti, continueranno con le loro manovre a seminare la confusione. Ci aspettano lotte e bisognerà vincerle.

Vorrei augurare a tutti per questo 1986 che inizia, la felicità in base a ciò che noi pensiamo sia il nostro intento e gli sforzi che noi siamo disposti ad impegnare. Augurando a voi tutti un buon e felice anno, vorrei chiedere a ciascuno di voi di prendere coscienza e di considerare ciò che è appena accaduto come un episodio, certo disgraziato, ma pieno di insegnamenti.
Vorrei che analizzassimo questa esperienza.

Noi rivoluzionari sappiamo che ogni giorno che passa è un giorno di lotta.
Sappiamo che da quel giorno, il 26 marzo 1983, ad oggi noi abbiamo proclamato che “quando il popolo si alza, l’imperialismo trema”, e che da quel giorno siamo faccia a faccia con l’imperialismo e con i suoi servi.

pubblicato da Sidwaya il 6 gennaio 1986

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