03 AGOSTO 2013 : DI BRUNO JAFFRÉ

Traduzione : Patrizia Donadello

Al termine di un lungo processo di chiarimenti politici svolti all’interno della società civile, con un lavoro a lungo termine dei gruppi marxisti clandestini nelle organizzazioni sindacali, nei gruppi giovanili come nell’esercito, dopo una serie di colpi di stato, la giornata del 4 agosto segna la conclusione di un lungo periodo di lotte politiche. Lo svolgersi della giornata, minuziosamente preparata, ricca di nuovi sviluppi, si svolge come una sceneggiatura degna dei migliori film di suspense.

La giornata del 4 agosto inizia come una qualsiasi altra giornata a Po, una città vicino alla frontiera del Ghana, al centro nazionale di addestramento commando (CNEC). Creato da Thomas a seguito di una sua richiesta durante la nomina a Segretario di Stato, nel 1981 lui aveva ottenuto che fosse il suo collaboratore, il suo amico Blaise Compaoré, a sostituirlo.

Gli uomini si alzano presto e dopo un breve incontro tra Blaise Compaoré, il suo collaboratore Gilbert Diendéré e i sottufficiali, i commandos partono come d’abitudine ad addestrarsi.

Uno scenario messo a punto minuziosamente

Da alcuni giorni a Ouagadougou la situazione è tesa. In città regna una sorta d’effervescenza, ognuno si aspetta la conclusione di una crisi che dura ormai da troppo tempo con i commandos di Pô in ribellione, mentre il campo avversario è un po’ disorganizzato a causa dei contrasti interni tra il presidente Jean-Baptiste Ouedraogo e l’ala destra del potere che vuole battersi. Molti civili hanno raggiunto la città di Pô per mettersi al servizio di Blaise Compaoré, mentre Thomas Sankara è agli arresti domiciliari.

I rivoluzionari, militari e civili, hanno avuto il tempo di mettere in campo un sistema di staffette che permettono i collegamenti tra la capitale, Pô e le differenti città di guarnigione dove gli amici di Sankara hanno sostenitori. A fine luglio si tiene una riunione. La data della presa del potere, minuziosamente preparata, viene fissata per il 1 agosto. Due giorni prima, Blaise Compaoré era venuto a Ouagadougou. Durante un ballo si era eclissato fingendo di appartarsi, come era suo solito fare, a flirtare con una ragazza, per incontrare invece Thomas Sankara e mettere a punto con la collaborazione dei civili gli ultimi preparativi di sabotaggio delle linee elettriche e telefoniche.

Il 1 agosto iniziano i preparativi. Le linee telefoniche vengono temporaneamente tagliate. Mousbila Sankara, uno zio di Thomas Sankara lavora infatti all’ONATEL, l’Ufficio Nazionale delle Telecomunicazioni, e con un gruppo di lavoratori fa parte del gruppo che organizza il colpo di stato. In maggior parte sono militanti del PAI, il partito clandestino africano d’indipendenza. Ma il colpo viene rinviato e Mousbila Sankara, informato dell’annullamento, deve partire in piena notte per ristabilire le comunicazioni. Il colpo di stato viene rinviato al 3 agosto, poi al 4. L’inquietudine diventa paura che qualcuno parli e che i nemici scoprano ciò che si sta preparando.

Verso mezzogiorno a Pô, un ufficiale di ritorno da Ouagadougou riporta le voci che circolano a Ouagadougou. Gabriele Somé Yorian e Fidèle Guebré, leaders della destra nell’esercito, si starebbero preparando, profittando della festa dell’indipendenza, per prendere il potere ed eliminare Jean-Baptiste Ouedraogo con l’aiuto dei loro commandos. Si diceva anche che stessero preparando un’operazione militare contro Pô. Bisognava agire.

È solo nel pomeriggio che gli eventi precipitano.

Nuovi sviluppi

A Ouagadougou, nel primo pomeriggio, inquieto per le notizie che gli giungono dalla gendarmeria, Jean-Baptiste Ouedraogo va dal capo di Stato Maggiore, il colonnello Tamini. Quest’ultimo sembra non preoccuparsi delle notizie che circolano, tuttavia insiste affinché Jean-Baptiste Ouedraogo intervenga come mediatore. Lui accetta e propone che i negoziati si svolgano al suo domicilio.

Verso le 15,00 piccoli gruppi di rivoluzionari occupano tutti i servizi pubblici di Pô, soprattutto per evitare che qualcuno avvertisse la capitale per telefono. Il CNEC non ha veicoli per trasportare gli uomini armati fino ad Ouagadougou, fuori questione il fatto che fossero difettosi, dovevano poter andare veloci. Una squadra si impossessa dunque dei camion di un’impresa canadese utilizzati in un cantiere ad alcuni chilometri di distanza. Gli uomini partono divisi in parecchi gruppi, ciascuno con una missione precisa. Il primo deve occupare la Presidenza, un altro la radio, un altro la gendarmeria, un altro ancora la Compagnia Repubblicana di Sicurezza ed infine l’ultimo, il gruppo corazzato del reggimento interarma più comunemente chiamato RIA, al campo di Guillaume.

E’ solo verso le 18,00, in ritardo sull’orario previsto, che la colonna si muove. Alla testa della colonna, oltre a Blaise Compaoré, c’è Vincent Sigué. Ex legionario, ammirato e temuto per le sue qualità di guerriero, s’è messo a servizio della rivoluzione, totalmente devoto a Thomas Sankara.

Ad una cinquantina di chilometri dalla capitale, leggermente in anticipo rispetto al convoglio, Sigué, con un giovane ufficiale di Pô, incontra un uomo in motocicletta che si presenta come un emissario di Thomas Sankara e porta un foglio scritto di suo pugno. Chiede che i para commandos non superino Kombissiri. È giunto ad un accordo con Jean-Baptiste Ouedraogo che accetterebbe finalmente di negoziare.
Sigué e il giovane ufficiale si dimostrano dubbiosi, non conoscono la staffetta e non sono probabilmente informati dei contatti avviati da molto tempo da Sankara con Jean-Baptiste. Sospettano un piano per ritardare la loro avanzata. In più Sigué è un partigiano dai modi decisi.

Decide quindi di non trasmettere il messaggio a Blaise Compaoré. Gli trasmette invece un altro messaggio : Bisogna precipitarsi sulla capitale.

Cosa accadde tra i due uomini? Alcune testimonianza affermano che Blaise Compaoré avrebbe confidato a Sigué che si sentiva meglio piazzato (di Sankara) per assumere la più alta carica di potere, ciò spiegherebbe il conflitto permanente tra i due uomini durante gli anni che seguiranno. Difficile confermare o smentire, Vincent Sigué è stato ucciso l’indomani dell’assassinio di Thomas Sankara alla frontiera con il Ghana.

I negoziati

Thomas Sankara, Henri Zongo, un altro capitano amico di Thomas Sankara ed il colonnello Tamini si trovano come previsto alle 19,00. Dopo alcuni scambi dove ciascuno espone le sue posizioni, Sankara dichiara di mettersi « a disposizione del gruppo, nell’interesse del paese, per esplorare le vie e i mezzi ad un’uscita pacifica dal conflitto. »

La discussione prosegue con Jean-Baptiste Ouedraogo che, dopo avere richiamato ciascuno all’unità ed al patriottismo, propone di dimettersi dalle sue funzioni “per facilitare la costituzione di un governo di transizione che farebbe l’unanimità”. Thomas Sankara si dichiara pronto ad accettare la soluzione di compromesso ma chiede 4 o 5 ore per poterne discutere con Blaise Compaoré. Tutti si lasciano verso le 20,30 dandosi appuntamento più tardi, verso mezzanotte o l’una di mattina. La testimonianza di Jean-Baptiste Ouedraogo è alla pagina http://thomassankara.net/?p=362 .

Thomas Sankara invia una staffetta da un dirigente del PAI per informarlo dell’accordo raggiunto chiedendogli di avvisare i suoi militanti. Una decina di membri del partito infatti fanno parte dei civili che guidano i camion dei commandos nei dintorni della capitale. Ma è troppo tardi. Sono già sul posto.

L’avanzata verso la capitale continua. Poco prima delle 20,00 la colonna si ferma alla periferia della capitale. Come previsto, alcuni militanti rivoluzionari li raggiungono all’appuntamento nei luoghi prestabiliti e salgono sui camion. La capitale è immersa nell’oscurità per il sabotaggio delle linee provocato dai sostenitori della rivoluzione. Alcuni impiegati dell’ONATEL si sono organizzati come previsto per tagliare il telefono.
Ernest Nongma Ouedraogo, cugino di Sankara, è vice direttore della polizia nazionale. Dopo il 17 maggio era stato spostato ma era rimasto all’interno del campo della direzione della polizia e poteva ancora accedere ad alcune informazioni utili.

Tagliata la linea elettrica, i civili salgono a bordo dei camion guidando i para commandos e permettendo loro di raggiungere, malgrado l’oscurità, i differenti obiettivi. Occorreva evitare che qualcuno desse l’allarme, presero dunque strade fuori mano per non trovarsi faccia a faccia con gli uomini di Somé Yorian, sparsi un po’ ovunque nei dintorni della città contro un’eventuale salita dei para commandos di Pô.

L’assalto finale

L’assalto coordinato sui differenti obiettivi è lanciato alle 20,30 ed i primi spari esplodono verso le 21,00. Tutto subito, alcuni credettero si trattasse di fuochi d’artificio per la vigilia della festa dell’indipendenza. A poco a poco la popolazione aveva dimenticato le tensioni per lasciare posto alla spensieratezza, ad eccezione dei militanti che potevano così più tranquillamente dedicarsi alla preparazione della presa del potere.

La gendarmeria e la Compagnia Repubblicana di Sicurezza vengono velocemente occupate. All’interno della base aerea e nel gruppo d’artiglieria si contavano molti giovani ufficiali che affiancano la rivoluzione e si erano investiti nei preparativi della giornata. Dunque, come previsto, questi due obiettivi sono velocemente neutralizzati. Dopo alcune spiegazioni fornite, i soldati non oppongono nessuna resistenza, tanto è influente la popolarità degli ufficiali progressisti.

La situazione più difficile si incontra davanti la Presidenza. I soldati di guardia erano disposti intorno su due file di difesa e i para commandos si videro ad un certo punto quasi accerchiati prima di riuscire a prendere il sopravvento.

Ma il contrasto più forte avviene al gruppo corazzato. Jean-Claude Kamboulé, che lo comandava, era stato uno dei principali istigatori del 17 maggio che aveva deposto Thomas Sankara da primo ministro.

Occorse dunque più tempo per conquistare l’obiettivo. I commandos dovettero utilizzare lanciarazzi e granate anticarro per fermare due blindati. Quasi subito però gli assediati realizzano che il loro capo è fuggito e si è arreso.

Attorno alla residenza di Jean-Baptiste Ouedraogo gli uomini della guardia presidenziale scambiano un nutrito fuoco con il gruppo dei para commandos diretti da Vincent Sigué. Quest’ultimo minaccia ad alta voce di uccidere tutti se la guardia non si arrende. Gli spari continuano per un bel pezzo prima che gli uomini della guardia presidenziale si arrendano. Blaise Compaoré arriva verso le 22,00. Alle 23,00 arriva Thomas Sankara, ordina il cessate il fuoco ed entra in casa :
“- Ho proclamato la rivoluzione – dichiara
– E’ lei – risponde Jean-Baptiste Ouedraogo – adesso almeno è più chiaro. Ora siamo tutti più tranquilli, prima non ne ero certo. E cosa mi succederà?
– Se vuoi, con la tua famiglia ti faccio andar via, tu conosci il popolo, non ti lascerebbe tranquillo.
– Anch’io conosco il popolo. Se così è, preferisco restare nel paese, seguiremo la rivoluzione tutti insieme.

Entrambi escono quasi subito. Il presidente decaduto è portato al sicuro al palazzo della presidenza da Vincent Sigué dove passerà la notte. Sankara va a trovarlo l’indomani mattina verso le 7,30 per rendergli conto della situazione e promettergli la libertà appena la situazione lo permetterà. Jean-Baptiste Ouedraogo viene trasferito in mattinata al Consiglio d’Intesa e poi la sera a Pô dove resterà agli arresti per due anni prima d’essere inviato agli arresti domiciliari.

Tuttavia i due veri padroni del potere sono ancora liberi. Quando i commandos occupano la casa di Gabriel Somé Yorian, scoprono che è già fuggito. Poco fiducioso nelle capacità e nella volontà dell’esercito di opporsi all’operazione in corso, capisce sin da subito che si tratta del ritorno degli ufficiali progressisti e fugge ad Ouahigouya a raggiungere il comandante Lompo Karim. Fidèle Guébré invece è a Dédougou alla testa dei suoi commandos.

Finiranno per arrendersi il 7 agosto. Saranno entrambi giustiziati, con l’accusa ufficiale “a seguito di un tentativo d’evasione“.

Poco prima delle 22,00, Thomas Sankara accompagnato da Gilbert Diendéré e da una decina di commandos, arriva alla radio. Bussano alla porta per farsi aprire, non vi fu alcuno sparo. Con voce rotta dall’emozione legge una dichiarazione in cui rende omaggio ai militari che hanno appena preso il potere ed annuncia la creazione del Consiglio Nazionale della Rivoluzione.

Ha così inizio una rivoluzione che sconvolgerà l’Alto Volta, che diventerà l’anno seguente il Burkina Faso, “il paese degli uomini integri.”

La conclusione di un lungo processo

Questa presa di potere fu il risultato di un processo che durava da molti anni e di una grave crisi politica ed economica (per maggior dettagli vedere l’articolo Thomas Sankara leader d’un authentique processus révolutionnaire http://thomassankara.net/?p=535 ).

Il potere neocoloniale istituito nel 1960 fu contestato e rovesciato sin dal 1966. Varie forme di potere si succedettero l’un l’altra fino al 1980, con un periodo di pluralismo politico che vedrà anche l’elezione di uno dei presidenti dopo un ballottaggio.

I partiti tradizionali iniziano a perdere credibilità a causa dei loro sterili balletti parlamentari in uno dei paesi tra i più poveri del mondo. Giovani ufficiali si raggruppano a poco a poco attorno a Thomas Sankara, innanzi tutto per rivendicare il miglioramento delle loro condizioni di vita e quelle dei loro soldati ed alcuni di loro, influenzati dal marxismo, si organizzano clandestinamente. Altri gruppi marxisti clandestini lavorano per occupare le direzioni sindacali ed organizzare in seguito numerosi scioperi.

A partire dal 1980, una successione di colpi di stato aggrava la crisi politica. Molti chiarimenti successivi arriveranno a togliere potere a quei militari formatisi nell’esercito coloniale, poi a certi gruppi dichiaratamente di destra. La congiunzione ebbe luogo tra civili e militari che collaborarono insieme. Sankara lavorò a questo, affinché le organizzazioni civili e militari lavorassero insieme.

Sankara viene arrestato il 17 maggio 1983 e poi messo agli arresti domiciliari. Mentre i gruppi rivoluzionari clandestini organizzano manifestazioni di piazza, Blaise Compaoré riesce a sfuggire e raggiungere la sua base a Pô. Molti civili lo raggiungono, talvolta per seguire una formazione militare. Le armi consegnate a Pô sono fornite da Gheddafi attraverso il Ghana, la cui frontiera è vicina alla città di Pô.

Mentre le idee rivoluzionarie guadagnano larghi strati del ceto medio non commerciante, di studenti e di funzionari, all’interno dell’esercito si affrontano due clan.

Il 4 agosto 1983 si traduce in realtà nella lotta tra questi due soggetti, e il risultato di questo lungo processo, una convergenza di condizioni obiettive e soggettive, ha creato la situazione rivoluzionaria.

Tradito dal suo amico, assassinato selvaggiamente

L’intero paese si mette al lavoro, la popolazione ritrova fiducia e dignità.
In 4 anni, il paese conosce enormi progressi in tutti i campi. Thomas Sankara si rivela per l’occidente un nemico da eliminare.

Portavoce dei poveri, denuncia sulla scena internazionale gli USA e la Francia come responsabili delle disuguaglianze e dell’oppressione dei palestinesi così come dei neri del Sud Africa.

All’interno, i rivoluzionari si massacrano tra loro. Thomas Sankara e sette dei suoi collaboratori sono assassinati in piena riunione il 15 ottobre 1987 dagli uomini del suo amico Blaise Compaoré e dal suo collaboratore Gilbert Diendéré.

Numerose testimonianze convergenti lasciano pensare che un complotto internazionale abbia contribuito all’organizzazione di questa cruenta eliminazione. L’esperienza rivoluzionaria più promettente del continente africano è stata bruscamente interrotta, si è conclusa brutalmente, mettendo fine alla speranza che suscitava in tutto il continente.

30 anni dopo Sankara ha la sua rivincita. La popolarità di Thomas Sankara non cessa di crescere mentre quella di Blaise Compaoré è al suo punto più basso, il popolo burkinabè ha appena organizzato, una dietro l’altra, due manifestazioni per chiedere le sue dimissioni.

Bruno Jaffré

Questo articolo contiene numerosi brani del capitolo la presa del potere, dalla Biografia di Thomas Sankara, la patria o la morte, edizione Harmattan 2007.

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